Tutti i motivi dei Dem per votare Sì (La Piazza)
L ’ultima direzione nazionale del Partito Democratico ha visto Renzi disposto a trattare sull’Italicum con l’ala bersaniana che chiede garanzie e che, a dire il vero, proprio non se l’aspettava. L’unità del partito è in bilico ma Renzi sembra disposto a tutto pur di portare a casa il risultato: cambiare la Costituzione. Il fatidico appuntamento è per il 4 dicembre, quando saremo chiamati a esprimerci su questo quesito referendario: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale numero 88 del 15 aprile 2016?”. Abbiamo chiesto alla deputata Pd Sara Moretto, coordinatrice metropolitana della campagna referendaria per il Sì, perché si dovrebbe votare a favore della riforma.
Perché si dovrebbe votare Sì?
“In primo luogo, per dare un’accelerata al nostro sistema legislativo. Oggi il paese viaggia a una velocità molto maggiore di quella che è in grado di produrre questo bicameralismo. Il nostro Parlamento possiede due camere con identiche funzioni, una soluzione nata storicamente come compromesso tra due parti politiche che dovevano cominciare a fidarsi l’una dell’altra. La riforma metterà fine a quel ping pong che comporta incertezza e tempi lunghi delle decisioni, impedendo al Paese di progredire. In questo modo il Parlamento sarà in grado di dare, prima e in via definitiva, risposte e soluzioni ai cittadini e alle imprese. Altro aspetto fondamentale riguarda la stabilità politica. Per anni le diverse maggioranze di Camera e Senato hanno tenuto in scacco Governi di diverso colore. Con il Si alla riforma la Camera dei deputati diventerà l’unica camera politica con il compito di dare e togliere la fiducia al Governo. Il Paese così si allinea agli ordinamenti degli altri Stati Europei”.
Ma allora perché non abolire del tutto il Senato?
“La necessità di un dialogo costante tra Stato e autonomie locali è tale per cui nel 1983 si è istituita con decreto la Conferenza Stato-Regioni. Il nuovo Senato sarà il completamento di quel regionalismo che già i costituenti volevano ma che di fatto non si è mai realizzato. Il nuovo Senato sarà un organo molto diverso dall’attuale, composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina presidenziale, dove i protagonisti saranno i territori e non i partiti.”
Molti pensano che sarà impossibile conciliare la nomina di sindaco o consigliere regionale con quella di senatore.
“Non sarà cosi, perché porteranno a Roma un lavoro che già svolgono quotidianamente nel territorio di provenienza. Dobbiamo fare lo sforzo di immaginare qualcosa che oggi non c’è. Le sedute saranno ridotte perchè questo nuovo Senato si riunirà solo per affrontare questioni che riguardano alcune materie, in particolare quelle che coinvolgono le autonomie locali”.
Quindi il nuovo Parlamento sarà più attento ai territori?
“Assolutamente sì, abbiamo intenzione di eliminare la distanza tra Roma e i singoli territori, che torneranno a essere protagonisti delle decisioni che li riguardano”.
E per quanto riguarda il Veneto?
“Il Veneto sarà rappresentato da 7 componenti che dovranno riportare i risultati ottenuti per i loro sindaci e per i cittadini. Non ci sarà il tempo materiale di farsi dispetti tra le forze politiche, ma si lavorerà costantemente per i territori”.