Se l’accoglienza è diffusa le caserme non servono. Il Veneto impari da Trapani (Il Gazzettino)

gazzettinoL’immigrazione continua a essere un argomento di grande attualità e l’eco mediatica che ne deriva fa sì che sul tema si sviluppino convinzioni che molto spesso non coincidono esattamente con la realtà. Come componente della Commissione d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti ho partecipato in questi giorni a una missione a Trapani presso la struttura di Milo appena convertita in “hotspot”, uno dei primi attivati nel nostro Paese.

È stata l’occasione per verificare personalmente la realizzazione del nuovo modello di accoglienza che si sta avviando a livello nazionale in base alla road map italiana approvata in sede europea. Proprio durante la nostra visita, lo sbarco di 436 persone di cui 140 bambini è stato gestito al porto in quattro ore e i migranti, dopo screening sanitario, sono stati immediatamente trasferiti alla struttura hotspot di Milo. Lì vi rimarranno al massimo 5-6 giorni prima di essere distribuiti nelle strutture di accoglienza, che variano a seconda di chi chiede protezione internazionale o ricollocazione in base agli accordi europei.

Nella provincia di Trapani l’accoglienza è diffusa, organizzata in strutture Cas (Centro di accoglienza straordinario) che ospitano al massimo un centinaio di persone, progetti SPRAR e strutture per minori non accompagnati. Nella struttura hotspot, fino a pochi mesi fa destinata a centro di identificazione ed espulsione, ho riscontrato efficace collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti: Prefettura, polizia, personale della cooperativa, delegati delle agenzie europee Easo e Frontex, organizzazioni internazionali e umanitarie come Save the Childen e Oim, Unhcr, ecc. Nell’hotspot di Trapani la polizia garantisce il 100 per cento del foto segnalamento. Non vi sono rifiuti o fughe.

E’ evidente che a Trapani le istituzioni non possono chiudersi nel rifiuto di un fenomeno. Gli sbarchi avvengono. Se il Presidente Zaia fosse nato in Sicilia non potrebbe glissare dicendo che se ne occupino altri. A Trapani ho visto le istituzioni assumersi la responsabilità di gestire l’accoglienza e fare scelte lungimiranti, in un territorio difficile. Li non vi sono realtà come Cona. L’utilizzo delle caserme è prevalente solo in Veneto, e non trova analogia in altri territori.

La politica nazionale sta lavorando in sede europea, anche mettendo in pratica le parole che per anni il centrodestra ha pronunciato al vento come slogan. Mi riferisco al famoso “aiutiamoli a casa loro”. Ora il Governo Renzi l’ha tramutato in proposte concrete inserite all’interno del “migration compact” che da più parti è stato riconosciuto come un documento politico concreto e innovativo.

L’esperienza di Trapani mi ha molto toccato. Ho visto un padre piangere perché prima di partire ha visto morire, dopo essere stata stuprata, la figlia. Ho visto ragazzi sfruttati nel lavoro e provati dalle esperienze in galera. Ho visto il terrore nel volto di una mamma con un bimbo che ha esattamente l’età di mia figlia. Esperienze come questa servono per maturare una idea più consapevole del fenomeno immigrazione. Sono convinta che sia sbagliato affrontare il problema solo con il cuore, serve razionalità e fermezza. Credo però sia altrettanto sbagliato affrontarlo standosene in una poltrona di un ufficio o in uno studio tv a commentare dati, documenti e numeri che spesso dicono poco o nulla delle storie di vita, precaria, che questi esseri umani portano con sé.

On. Sara Moretto

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