PROPOSTA DI LEGGE “AIUTI ALLE IMPRESE DI VENEZIA E CHIOGGIA”
CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del deputato VENITTELLI, MORETTO
Disposizioni di modifica dei criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme dovute per gli aiuti concessi sotto forma di sgravio nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia dichiarati illegittimi, per la compensazione delle medesime somme con crediti certi, liquidi ed esigibili delle imprese nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e per l’esercizio del diritto di rivalsa dello Stato per oneri derivanti da violazioni del diritto dell’Unione europea)
Onorevoli Colleghi!
Con sentenza del 17 settembre 2015 (Commissione c. Italia, C-367/14), la Corte di giustizia ha condannato l’Italia al pagamento di una penalità semestrale di 12 milioni di euro e ad una somma forfettaria di 30 milioni di euro quale sanzione per non aver adottato le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 6 ottobre 2011(Commissione c. Italia, C-302/09), relativa al mancato recupero degli aiuti concessi alle imprese nei territori di Venezia e Chioggia recanti sgravi dagli oneri sociali di cui alla legge 36/1996, dichiarati incompatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato nel 1999, con decisione n.2000/394/CE.
La vicenda ha avuto origine negli anni ’90 quando l’Italia ha notificato alla Commissione il decreto ministeriale 5 agosto 1994 relativo ai criteri per l’attribuzione degli sgravi degli oneri sociali di cui all’art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, che dettava una disciplina speciale per lo sgravio degli oneri sociali dovuti dai datori di lavoro all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) nel Mezzogiorno, tra il 1994 e il 1996. Con decisione 1° marzo 1995, 95/455/CE, relativa alle disposizioni in materia di sgravi nel Mezzogiorno degli oneri sociali a carico delle imprese e di fiscalizzazione di alcuni di tali oneri, la Commissione ha dichiarato tale regime di sgravi degli oneri sociali compatibile con il mercato comune, con alcune condizioni; in particolare si prevedeva che le autorità italiane dovessero comunicare alla Commissione le disposizioni adottate per l’attuazione del piano di smantellamento progressivo del programma di aiuti, disposto dalla stessa decisione.
Con legge n. 206/95, è stato esteso, per gli anni 1995 e 1996, il regime di aiuti previsto dal decreto ministeriale 5 agosto 1994 alle imprese del territorio di Venezia insulare e di Chioggia. Nel 1997 la legge n. 30/1997 ha previsto l’applicazione di tale regime, per il 1997, a favore delle imprese situate sia nelle regioni del Mezzogiorno sia nel territorio di Venezia insulare e di Chioggia. Da notare che l’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994 prevede uno sgravio sull’intero ammontare dei contributi dovuti dai datori di lavoro; l’art. 2 dello stesso decreto, dispone invece un’esenzione dagli oneri sociali per i nuovi posti di lavoro creati nelle imprese per il periodo di un anno dalla data di assunzione di un lavoratore disoccupato. Secondo i dati forniti dall’INPS, tra il 1995 e il 1997 sono stati concessi sgravi dei contributi sociali ad imprese situate sul territorio di Venezia e di Chioggia, in applicazione dell’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, per un ammontare medio annuo di 73 miliardi di lire (l’equivalente di 37,7 milioni di euro) di cui hanno beneficiato 1.645 imprese. Gli sgravi concessi all’art. 2 dello stesso decreto sono stati pari a 567 milioni di lire (292. 831 euro) all’anno, di cui hanno beneficiato 165 imprese situate sul territorio di Venezia insulare o di Chioggia. Con lettera del 10 giugno 1997, le autorità italiane hanno notificato alla Commissione la legge n. 30/1997, conformemente alle disposizioni della decisione 95/455, che aveva dichiarato tale regime di sgravi degli oneri sociali compatibile con il mercato comune. Con lettera del 1° luglio 1997, seguita da un sollecito del 28 agosto 1997, la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni riguardo all’estensione dell’ambito di applicazione del regime di sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese di Venezia e Chioggia. In assenza di risposta, la Commissione, con lettera del 17 dicembre 1997, ha comunicato all’Italia la decisione di avviare il procedimento previsto dall’art. 88, n. 2, CE relativamente agli aiuti disposti dalle leggi n. 206/1995 e n. 30/1997, che estendevano l’ambito di applicazione degli sgravi degli oneri sociali previsti per il Mezzogiorno ai territori di Venezia insulare e di Chioggia. Da notare che le autorità italiane hanno sospeso il regime di sgravi degli oneri sociali a partire dal 1° dicembre 1997. Il comitato «Venezia vuole vivere» un’associazione che raggruppa le principali organizzazioni di operatori industriali e commerciali di Venezia -costituito a seguito dell’avvio del procedimento d’indagine della Commissione, per coordinare le azioni dirette a rimediare alla situazione svantaggiosa degli operatori stabiliti a Venezia, ha presentato osservazioni con lettera del 17 marzo 1998 e ha fornito una memoria, corredata di uno studio effettuato dal COSES (Consorzio per la ricerca e la formazione) del marzo 1998, che segnalava le difficoltà delle imprese operanti nella laguna rispetto alle imprese situate sulla terraferma. Il 18 maggio 1998 anche il Comune di Venezia ha presentato una serie di osservazioni, corredate di un primo studio elaborato dal COSES sul medesimo argomento del febbraio 1998, segnalando tra l’altro, che, tra i beneficiari degli sgravi, vi erano anche le imprese municipalizzate, incaricate della prestazione di un servizio pubblico di interesse generale; per tali imprese il Comune chiedeva l’applicazione dell’art. 86, n. 2, del Trattato CE. Le autorità italiane hanno presentato le loro osservazioni con lettera del 23 gennaio 1999; con una lettera successiva datata 10 giugno 1999, hanno manifestato alla Commissione la loro piena adesione alle osservazioni del Comune di Venezia. Nella decisione della Commissione 25 novembre 1999, 2000/394/CE, la Commissione ha dichiarato aiuti compatibili con il mercato comune gli sgravi degli oneri sociali di cui alle leggi 30/1995 e 206/1997, che rinviano all’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando tali sgravi sono accordati ad imprese, insediate sui territori di Venezia e Chioggia, che o sono qualificabili come piccole e medie imprese (PMI) ai sensi della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle PMI vigente nel 1996, o sono imprese insediate in una zona legittimata a beneficiare della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, o sono imprese che assumono categorie di lavoratori con particolari difficoltà d’inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro, secondo gli orientamenti comunitari in materia di occupazione. La stessa decisione – pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 23 giugno 2000 -dichiarava invece aiuti incompatibili con il mercato comune quelli previsti dall’art. 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, accordati ad imprese che non sono PMI e che sono localizzate al di fuori delle zone legittimate a godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE, nonché gli aiuti di Stato che prevedevano uno sgravio sull’intero ammontare dei contributi dovuti dai datori di lavoro ai sensi l’art. 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994; ingiungeva pertanto all’Italia di recuperare presso i beneficiari gli aiuti così dichiarati incompatibili.
La decisione della Commissione è stata oggetto di numerosi ricorsi; con sentenza del 28 novembre 2008, il Tribunale di primo grado delle Comunità europee ha respinto i ricorsi d’annullamento della decisione; le impugnazioni proposte contro tale sentenza sono poi state respinte dalla Corte di giustizia (9 giugno 2011). Contestualmente la questione ha fatto insorgere contenzioso davanti ai giudici italiani; in particolare, il Tribunale civile di Venezia, competente per materia trattandosi di sgravi contributivi e previdenziali, ha adottato numerose misure cautelari di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti diretti al recupero degli aiuti illegittimi.
Nel 2009 la Commissione ha presentato un ricorso per inadempimento contro l’Italia per non avere adottato, entro i termini prescritti, tutte le misure necessarie al recupero degli aiuti. Con sentenza del 6 ottobre 2011 la Corte, accertato che l’Italia non aveva provveduto al recupero degli aiuti imposto dalla decisione della Commissione, ha sottolineato che le autorità nazionali avevano l’obbligo di esaminare caso per caso se i benefici concessi fossero in grado di falsare la concorrenza e incidere sugli scambi intracomunitari.
Sulla questione è intervenuta la legge di stabilità 2013 (L.228/2012) che all’articolo 1, con i commi da 351 a 356, ha disposto norme in merito all’attività istruttoria – da svolgere a cura dell’INPS – necessaria ad accertare l’idoneità dell’agevolazione a falsare o a minacciare la concorrenza e a incidere sugli scambi comunitari; il recupero degli aiuti si presentava infatti assai complesso, sia per il numero elevato di beneficiari, sia perché la Commissione richiedeva l’esame dell’eventuale illegittimità degli aiuti concessi per ogni singolo caso.Dopo istruttoria, in base al comma 354 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013, l’INPS avrebbe dovuto notificare alle imprese beneficiarie degli aiuti illegali un provvedimento motivato con avviso di addebito con intimazione di pagamento dei contributi non versati (per effetto del regime agevolativo) e dei relativi interessi, calcolati al saggio di interesse composto sulla base delle disposizioni di cui al Capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione del 21 aprile 2004, maturati dalla data in cui l’impresa aveva fruito dell’agevolazione e sino alla data del recupero effettivo.L’articolo 13 del regolamento (CE) n.794/2004 dispone che “il tasso di interesse è applicato secondo il regime dell’interesse composto fino alla data di recupero dell’aiuto. Gli interessi maturati l’anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi”. |
Occorre però sottolineare che il citato regolamento si applica a tutte le decisioni di recupero notificate dopo il 20 maggio 2004 (data di entrata in vigore del regolamento 794/2004). La decisione n. 2000/394/CE della Commissione sugli aiuti concessi sotto forma di sgravio, nel triennio 1995-1997, alle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia è del 25 novembre 1999: gli interessi sulle somme da recuperare per tale agevolazione avrebbero dovuto pertanto essere calcolati a norma degli articoli 1282 e 1284 del codice civile, come già disposto per casi analoghi notificati prima del 20 maggio 2004. Gli interessi dovrebbero inoltre essere dovuti solo dalla data dell’avviso di addebito dell’INPS (emanato a seguito dell’istruttoria volta ad accertare l’illegittimità degli aiuti) e sino alla data del recupero effettivo. L’articolo 1283 del codice civile, nello stabilire divieto di anatocismo, chiarisce infatti che gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza [c.c. 1282], e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
Per rendere possibile la verifica “caso per caso” imposta dalla pronuncia della Corte di giustizia, il comma 356 della legge di stabilità 2013 ha inoltre stabilito l’estinzione ope legis dei processi pendenti alla data di entrata in vigore della legge. Successivamente, l’articolo 49 della legge 234/2012, ha modificato il procedimento contenzioso in materia di aiuti di Stato attribuendo la competenza in via esclusiva al giudice amministrativo sulle controversie in esecuzione di una decisione di recupero.
Nel luglio del 2014 la Commissione, ritenendo che l’Italia non avesse adottato le misure necessarie per ottemperare alla sentenza di inadempimento, in quanto la maggior parte degli aiuti concessi, dichiarati incompatibili con il mercato interno, non erano stati recuperati, con ricorso proposto ai sensi dell’art. 260 TFUE, ha chiesto la condanna dell’Italia al pagamento di una penalità e di una somma forfettaria (al momento della presentazione del ricorso – 25 luglio 2014 – secondo la Commissione doveva essere recuperato ancora circa l’81% degli aiuti, secondo il Governo italiano circa il 70%).
Vi è da dire che la Commissione, riconoscendo le difficoltà che lo Stato italiano avrebbe incontrato nel recupero degli aiuti presso un gran numero di beneficiari, ha proposto alla Corte che la penalità fosse calcolata in forma decrescente tenendo conto dei progressi realizzati dall’Italia nel corso dell’esecuzione, ovvero dell’entità degli aiuti il cui recupero sia provato. In particolare, l’importo della penalità si sarebbe dovuto stabilire ogni sei mesi, moltiplicando l’importo giornaliero della penalità di 187.264 euro [importo individuato dalla Commissione sulla base di particolari criteri di calcolo) per 182,5 (giorni) -per riflettere la periodicità semestrale- e per la percentuale degli aiuti ancora da recuperare alla scadenza del semestre rispetto all’importo degli aiuti da recuperare all’inizio del periodo considerato. La Corte non ha tenuto conto della proposta formulata dalla Commissione nel ricorso del luglio del 2014 ed ha condannato lo Stato italiano al pagamento, oltre che di una somma forfettaria di 30 milioni di euro, di una penalità semestrale costante di 12 milioni di euro per semestre di ritardo dal giorno di pronunzia della sentenza fino all’esecuzione della sentenza del 2011. Una penalità che non tiene conto del fondamentale principio di proporzionalità, che prevede che una sanzione sia commisurata all’inadempimento accertato e che la stessa penalità sia applicata in misura decrescente, su base semestrale o annuale, a misura dell’avanzamento nell’esecuzione della sentenza di accertamento [cfr. Corte giust. 25 novembre 2003, C‑278/01).
Considerando che il principale obiettivo delle istituzioni dell’Unione è “garantire l’esecuzione più rapida possibile della sentenza” che ha fatto seguito ad un inadempimento, nonché è interesse dell’Italia – com’è evidente – accelerare, per quanto possibile, il recupero degli aiuti illegittimi (anche per evitare l’applicazione – per lungo tempo – di sanzioni draconiane) con la presente proposta si interviene per rendere possibile e rapido il recupero di detti aiuti presso i beneficiari, anche in relazione al fatto che sono trascorsi quasi quattro anni dalla pronuncia della sentenza di accertamento e più di quindici anni dalla decisione con cui la Commissione ha qualificato come incompatibile con il mercato interno il regime di aiuti in questione; senza dire che la chiusura della vicenda permetterebbe allo Stato italiano di non incorrere nel pagamento delle penalità semestrali previste dalla sentenza del 17 settembre 2015 (Commissione c. Italia, C-367/14).
Vi è inoltre, da considerare che le perentorie richieste da parte dell’INPS – dopo l’istruttoria che ha accertato l’illegittimità di parte degli aiuti concessi – non hanno sortito alcun risultato: gli addebiti per il recupero degli aiuti raggiungono infatti somme elevatissime, per milioni di euro, in particolare perché i relativi interessi – calcolati secondo le disposizioni della citata L.228/2012 – rappresentano i due terzi del debito complessivo.
Alcune imprese hanno versato- anche nel corso del 2014 – le somme relative al capitale, ma non gli interessi, particolarmente onerosi perché la legge 228 del 2012 ha stabilito che gli interessi siano calcolati a norma del Capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione del 21 aprile 2004, e quindi in base al regime dell’interesse composto. Le imprese, e segnatamente le cooperative di pesca, non possono pagare perché prive di mezzi finanziari propri e perché andrebbero incontro al dissesto; il versamento dell’ammontare totale – per capitale e interessi – delle somme dovute potrebbe determinare la crisi di molte imprese nei settori coinvolti – in particolare: turismo, industria, vetro, servizi, pesca – di Venezia e Chioggia comprese anche importanti aziende controllate dal Comune di Venezia, con effetti pesanti in termini occupazionali e con ricadute –indirette- sull’Inps e sul bilancio dello Stato per i necessari interventi con ammortizzatori sociali e con politiche attive del lavoro.
E’ importante notare che la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea del 3 settembre 2015 in merito ai criteri di determinazione degli interessi relativi al recupero di aiuti incompatibili con il mercato comune, nel caso in cui la decisione di recupero sia stata notificata anteriormente all’entrata in vigore del Regolamento (CE) n.794/2004 -è il caso di Venezia Chioggia, notificata nel 1999- ha rinviato al diritto nazionale, che deve determinare quali criteri applicare per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare.
Considerando che lo stato membro, destinatario di una decisione che gli impone di recuperare aiuti illegittimi, è tenuto, ai sensi dell’articolo 249 del Trattato, ad adottare ogni misura idonea ad un recupero effettivo ed immediato degli aiuti, dando così tempestiva esecuzione alle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell’Unione europea, la presente proposta di legge interviene per rendere sostenibile – e quindi possibile – il recupero degli aiuti concessi a favore delle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia, sia modificando i criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme da recuperare sia ammettendo la compensazione delle medesime somme con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell’Inps.
L’articolo 1 interviene a modifica del comma 354 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità per il 2013) per definire nuovi criteri di calcolo degli interessi sulle somme da recuperare (saggio d’interesse semplice e non composto (a norma dell’articolo 1282 del codice civile) applicato dalla data dell’avviso di addebito dell’INPS- che ha emesso tale addebito dopo istruttoria volta ad accertare l’illegittimità degli aiuti – e sino alla data del recupero effettivo.
Con l’articolo 2 si prevede che le somme dovute per gli aiuti concessi sotto forma di sgravio nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia dichiarati illegittimi, a norma dei commi 351,352 e 353 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità per il 2013) e i relativi interessi, possono essere compensate con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
Il dispositivo introdotto con l’articolo 3 della presente proposta di legge consente di evitare che per i pagamenti degli oneri derivanti dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea il Ministero si possa rivalere “compensando” e quindi “tagliando” i trasferimenti alle amministrazioni responsabili (nel caso di specie, Venezia e Chioggia). L’articolo 3 propone che il Ministero attivi il procedimento di rivalsa a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali, come espressamente previsto dal comma 3 dell’articolo 43 della legge 234 del 2012.
Articolo 1
(Calcolo e decorrenza degli interessi sulle somme dovute per gli aiuti concessi sotto forma di sgravio nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia dichiarati illegittimi)
1. Al comma 354 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole:
“nonché degli interessi, calcolati sulla base delle disposizioni di cui al Capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione del 21 aprile 2004, maturati dalla data in cui si è fruito dell’agevolazione e sino alla data del recupero effettivo.”
sono sostituite dalle seguenti:
“nonché degli interessi, calcolati sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 1282 del codice civile, maturati dalla data dell’avviso di addebito di cui al presente comma e sino alla data del recupero effettivo”.
Articolo 2
(Compensazione delle somme dovute per gli aiuti concessi nel triennio 1995-1997, in favore di imprese dei territori di Venezia e Chioggia dichiarati illegittimi con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale)
1. Le somme dovute per gli aiuti concessi sotto forma di sgravio, nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia dichiarati illegittimi, a norma dei commi 351,352 e 353 del presente articolo, e i relativi interessi, possono essere compensate con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.”
Articolo 3
(Diritto di rivalsa dello Stato per oneri derivanti da violazioni del diritto dell’Unione europea)
1. A fronte dei pagamenti effettuati per gli oneri derivanti dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il Ministero dell’economia e delle finanze attiva il procedimento di rivalsa a valere sulle risorse del Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA), del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali.