Delocalizzazioni: “Rischio effetto boomerang”

“Le misure sulle delocalizzazioni potrebbero rivelarsi un boomerang. Più che un decreto Dignità mi pare un decreto Cecità”. Così l’on. Sara Moretto, capogruppo per il Pd in Commissione Attività Produttive, nel giorno in cui  inizia l’esame degli emendamenti presentati al Decreto n. 87, tra cui molti a sua firma. “Le misure esclusivamente punitive che si vorrebbero introdurre – commenta Moretto – non consentono di contrastare le delocalizzazioni. Un obiettivo di questo tipo, certamente condivisibile, si raggiunge individuando le motivazioni alla base di scelte imprenditoriali di questo genere, intervenendo con misure strutturali attive che da un lato migliorino il contesto nel quale le imprese operano – infrastrutture, giustizia, pubblica amministrazione – e dall’altro incentivino ad investire in Italia – contributi, garanzie pubbliche, incentivi fiscali.

Le misure  – prosegue – colpirebbero solo le imprese che hanno ricevuto “aiuti di stato”, e quindi non tutte quelle che delocalizzano. Queste imprese verrebbero punite così pesantemente che sarebbero costrette a chiudere anche quella parte dell’attività economica magari mantenuta in Italia. Se l’obiettivo è invece quello di veder restituiti i contributi pubblici utilizzati per fini diversi da quelli per i quali sono stati concessi, informo l’Esecutivo che esiste già una norma quadro che è il d.lgs 123/1998 approvato dal Governo Prodi”. Per la deputata del Pd l’effetto della nuova normativa creerebbe quindi confusione e incertezza alle imprese, che potrebbero essere spinte ad evitare dal principio la richiesta di contributi pubblici, rinunciando agli investimenti con un’inevitabile perdita immediata di posti di lavoro.

“Le dinamiche e le scelte aziendali – conclude – sono complesse e difficilmente inquadrabili in schemi rigidi. La sfida di un Governo non è quella di punire ma di creare nuove occasioni di sviluppo e di attrarre investimenti. Paradossalmente queste misure potrebbero invece spingere le imprese a scegliere la strada più semplice: quella di andarsene direttamente dall’Italia”.

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