A vent’anni da Pechino: a che punto siamo con la parità di genere?

9 Marzo 2015

Martedì 3 marzo, si è svolto al Senato un convegno per celebrare i vent’anni dalla Dichiarazione di Pechino per i diritti delle donne e fare così il punto sulle sfide in tema di discriminazioni. Tra i temi più discussi quello di rilanciare l’agenda politica verso il rafforzamento del potere di azione delle donne e la loro piena partecipazione, su basi paritarie, in tutti i settori della vita sociale.

Che cosa è stato e che cosa ha significato, e continua a significare, la IV conferenza mondiale delle donne tenutasi a Pechino nel 1995?
La Conferenza di Pechino ha segnato simbolicamente un passaggio importante, di impegno comune fra gli stati e tra le donne che indipendentemente dalle diversità culturali, etniche e religiose hanno unito i loro sforzi in uno stesso cammino. E si è conclusa con l’adozione di due documenti: la Dichiarazione di Pechino e la Piattaforma d’azione, che individua 12 “aree critiche”, ciascuna delle quali contiene un’analisi del problema ed una lista degli obiettivi strategici che governi, organizzazioni internazionali e società civile devono perseguire per realizzare le finalità della Conferenza. Con l’adozione di questa nuova piattaforma i governi si sono impegnati a tenere conto della dimensione sessuale in tutte le loro decisioni e strategie, ciò significa che ex ante dovrebbe sempre essere svolta un’analisi degli effetti che essi avranno su uomini e donne, e sulle loro necessità. La conferenza ha altresì introdotto i principi di empowerment e mainstreaming (vedi Glossario di Pechino) affermando come valore universale il principio delle pari opportunità tra i generi e della non discriminazione delle donne in ogni settore della vita, pubblica e privata.

A vent’anni dall’adozione della Piattaforma sono stati realizzati alcuni progressi concreti. Per i paesi dell’UE, una fotografia molto dettagliata della situazione è contenuta nella quarta revisione periodica (Rapporto Eige) dell’implementazione della Piattaforma di Pechino da poco pubblicata dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Il rapporto evidenzia le persistenti difficoltà che si riscontrano in questo campo, soprattutto in un tempo di crisi economica durevole che rischia di compromettere gravemente il futuro delle donne in Europa:
– la violenza di genere contro le donne e le ragazze è onnipresente ed è lungi dall’essere eliminata;
stereotipi di genere discriminatori ostacolano ancora donne e ragazze impedendo loro di scegliere liberamente il loro stile di vita, di vivere fino al raggiungimento delle loro potenzialità più elevate e di decidere in modo indipendente del proprio corpo e della propria salute.
– esistono ancora differenze di genere troppo ampie: nel settore dell’occupazione, nelle retribuzioni, nei regimi pensionistici e nelle posizioni decisionali, a tutti i livelli.

Per citare un esempio: nel 1995 la percentuale delle donne presenti nei parlamenti di tutto il mondo era pari solo all’11%. Oggi siamo arrivati al 22%. In Italia, la percentuale di donne passa dal 30% sul totale dei deputati e senatori ad appena il 16% per i ruoli più importanti quali capogruppo, presidente di commissione, ufficio di presidenza. Siamo ancora molto lontani dal raggiungimento di una parità effettiva nei parlamenti. La partecipazione politica rappresenta un passo importante per riuscire ad esercitare una certa influenza e poter lottare per l’avanzamento delle donne.
Ridurre il differenziale tra uomini e donne, a tutti i livelli della società, rimane quindi un obiettivo per il quale è necessario un impegno più deciso.
Sulla parità retributiva e l’accesso al mercato del lavoro la strada è ancora in salita e per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile, in Italia, solamente una donna su due lavora mentre il 27,1% lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Gli studi, invece, parlano chiaro: più occupazione femminile equivarrebbe al 15% in più del PIL. E’ fondamentale, quindi, per superare le discriminazioni di genere, monitorare l’impatto che una legge può avere su donne e uomini attraverso, ad esempio, l’istituzione di una commissione bicamerale e la creazione di un osservatorio. E’ necessario, inoltre, andare oltre le quote rosa perché è noto che le nomine premiano gli uomini, mentre negli accessi per regolare concorso sono le donne a prevalere.

donne lavoro

A vent’anni dall’adozione della Piattaforma di Pechino molto resta da fare: in primis conferire empowerment alle donne e alle ragazze in tutto il mondo.

A livello nazionale è necessario potenziare gli sforzi. C’è bisogno di legiferare in modo coraggioso, di dare attuazione alle leggi, di cooperare e dirigere le opportune risorse necessarie a fare della parità di genere una realtà.  C’è bisogno di un patto trasversale tra donne che hanno un ruolo decisionale per perseguire con determinazione obiettivi comuni quale, prima di tutto, l’incremento dell’occupazione femminile.

A livello europeo ed internazionale è necessario che la parità di genere sia al centro di tutti i processi: le istituzioni e le organizzazioni internazionali devono sostenere le donne e promuovere la loro partecipazione paritaria ai negoziati di pace e ai processi di democratizzazione.

Il 2015 non segna solo il ventesimo anniversario della Piattaforma d’azione di Pechino ma anche il termine per la verifica del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

L’orizzonte deve andare già oltre, al consolidamento di un percorso avviato vent’anni fa ma che ha ancora molta strada da fare. Per questo appare necessario che nell’agenda post-2015 la parità di genere costituisca un obiettivo autonomo.

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