2 giugno, data storica per le donne

Rivolgo innanzitutto un sentito saluto alla Sindaca, alle autorità civili e militari, alle “ragazze del ‘46” sedute qui accanto a me e ai cittadini tutti.

Tre sono le date che scandiscono la storia della nostra Repubblica:

  • 25 aprile 1945, giorno in cui l’Italia scelse la Liberazione dal nazifascismo
  • Il 2 giugno 1946, giorno in cui l’Italia scelse, con referendum popolare, la Repubblica ed elesse l’Assemblea Costituente
  •  il 1° gennaio 1948, momento in cui entrò in vigore la nostra Costituzione

Su questi tre momenti storici e di partecipazione popolare si basa la costruzione della democrazia nel nostro Paese. Una democrazia ottenuta con il sacrificio di molti giovani e molte donne (anche annonesi), una democrazia voluta dopo anni bui di soprusi, ingiustizie, guerra e miseria.

Oggi a qualcuno potrebbe sembrare superato ricordare queste date e festeggiarle con cerimonie come quella che l’Amministrazione Comunale di Annone Veneto ha voluto organizzare oggi e alla quale abbiamo tutti scelto di partecipare.

Io penso invece che sia più che mai attuale ricordare questi fatti e chi li ha ottenuti. Per non rinchiudere nel passato un impegno civico e politico che invece deve essere linfa del futuro.

Per non dare tutto per scontato, per ricordarci che ci sono luoghi in cui anche oggi diritti e libertà non sono ancora per tutti…e per non dimenticare che questi luoghi solo 70 anni fa erano, purtroppo, anche i nostri.

Oggi, nel ricordare uno dei passaggi cruciali della nostra storia, stiamo mantenendo una promessa. Quella chiestaci dai costituenti di mantenere vivi i principi che stanno alla base della nostra democrazia e che sono contenuti nella nostra Costituzione. Principi vivi e attuali che non conoscono tempo ma che hanno bisogno del nostro impegno per essere giorno per giorno rinvigoriti e condivisi.

Oggi ricordare quindi non è, e non deve essere, ritualità istituzionale ma momento di profonda riflessione su ciò che siamo e su quanto, nel nostro piccolo, possiamo quotidianamente fare per rafforzare i valori di libertà ed uguaglianza che 70 anni fa guidarono gli italiani verso la democrazia.

Quel 2 giugno ‘46 fu una data storica, non solo per lo svolgimento del referendum sulla scelta tra Repubblica e monarchia, ma anche perché fu la prima volta in cui in Italia tutte le donne poterono esercitare pienamente il loro diritto di voto, attivo e passivo.

Donne che parteciparono attivamente alla lotta di Liberazione, partigiane, staffette, antifasciste, donne che in molte famiglie, anche le nostre di campagna, erano di fatto colonne portanti, amministratrici, … ma che fuori, nella società, non vedevano riconosciuta la loro dignità di cittadine.

Fino al 1946 le italiane non poterono partecipare né attivamente, né passivamente alle elezioni politiche;

In Nuova Zelanda le donne votavano sin dal 1893, in Finlandia dal 1907, in Norvegia dal 1913, nel Regno Unito dal 1917; prima dell’Italia avevano riconosciuto questo diritto, fra gli altri paesi, anche Turchia, Mongolia, Filippine, Pakistan, Cuba e Thailandia.

Anche se la prima volta che le donne poterono esercitare il loro diritto elettorale, attivo e passivo fu in occasione delle elezioni amministrative del 31 marzo 1946, in 436 comuni;

Fu il 2 giugno del 1946 però il giorno in ci finalmente tutte le donne italiane poterono recarsi alle urne ed essere elette: ventuno furono le elette nella Costituente, ventuno “prime parlamentari”, ventuno “Madri Costituenti”.

Cinque di loro entreranno nella «commissione dei 75», incaricata di scrivere la Carta costituzionale: Maria Federici, Angela Gotelli, Tina Merlin, Teresa Noce e Nilde Jotti;

Solo più di trent’anni dopo, proprio Nilde Jotti fu la prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei deputati e lo fece per tre legislature, dal 1979 al 1992;

 

Quelle 21 parlamentari portavano su di sé la responsabilità e l’onore di rappresentare le migliaia di donne che andarono a votare, che seppero apprezzare l’esercizio di un diritto perché per anni gli fu negato.

Non posso immagine l’emozione di quelle donne mature o di quelle ragazze come… quel giorno. Forse può avvicinarsi all’emozione che ho provato entrando per la prima volta nell’aula di Montecitorio 3 anni fa ma forse no, era qualcosa di ancora più grande. Mi affido quindi alle parole di chi quel giorno l’ha vissuto.

Tina Anselmi ricorda così quel 2 giugno 1946:  “E le italiane, fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica!”

La giornalista Anna Garofalo racconta quel 2 giugno così: “Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari”;

Siamo tutti certi che da allora, da quel giorno cominciò il processo di emancipazione femminile. Quelle donne, le 21 ma con loro tutte le donne italiane, contribuirono alla scrittura dei principi fondamentali della nostra Costituzione. Contribuirono quindi a sancire, con l’articolo 3, l’uguaglianza morale e giuridica tra uomo e donna,e poi, con gli artt 37 e 51, la parità nel lavoro e nell’accesso agli uffici pubblici e alla cariche elettive, anche se, per poter entrare nella magistratura e nella carriera diplomatica, le donne dovranno attendere il 1963.

Molte furono le conquiste che seguirono, eventi di portata storica che le donne portarono nella cultura politica, sociale e civile del paese. Un contributo inedito, destinato a rimanere per sempre. Una cultura permanente ma in divenire: i limiti più volte rilevati sulla partecipazione delle donne al percorso decisionale e istituzionale dimostrano che si tratta di una conquista lungi dall’essere conclusa.

Nel nostro Paese fa ancora molta differenza essere uomo o donna, in termini di possibilità economiche e di carriera politica o dirigenziale, ci posizioniamo al 71esimo posto su 136 Paesi nella classifica che misura le pari opportunità.

 

La data del 2 giugno di quest’anno costituisce, dunque, non solo un anniversario per il Paese e per il diritto al voto acquisito dalle donne ma anche l’occasione per dare forte impulso alla parità di genere sostanziale e non solo normativa tra uomini e donne, attraverso la messa in campo di azioni realmente volte a eliminare qualunque diseguaglianza a qualunque livello: sociale, lavorativo, politico, culturale.

 

Soltanto la piena partecipazione delle donne, con pari opportunità effettive, ci può avvicinare all’ideale di uguaglianza. Ma si può dire anche di più: soltanto l’affermazione e il rispetto della dignità delle donne rendono possibile una società autenticamente democratica.

Questo traguardo appare purtroppo ancora lontano. A qualunque livello, non solo in campo istituzionale e occupazionale. La cronaca ci riporta quotidianamente episodi di molestie fisiche o morali sulle donne. La violenza sulle donne è ancora una piaga nella nostra società e va contrastata con tutte le energie di cui disponiamo e con la severità di cui siamo capaci, senza mai cedere all’egoismo dell’indifferenza.

Lo dobbiamo a quelle donne che lottarono per potersi sentire “cittadine alla pari”, lo dobbiamo a quegli uomini che decisero di non rimanere inermi di fronte all’ineguaglianza, lo dobbiamo a coloro che saranno gli adulti di domani.

 

Chiudo con una citazionedel sesto Presidente della Repubblica Giovanni Leone, che nel 1978 disse: “Quando il 2 giugno del 1946 nacque la Repubblica, tutti avemmo la consapevolezza che conservare nel tempo gli ideali a cui si ispirava avrebbe comportato tanto impegno e sacrifici”.

L’impegno che stiamo mantenendo anche oggi ma che deve riguardarci tutti e tutti i giorni.

Viva la Repubblica, Viva l’Italia.

 

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